lunedì 23 novembre 2009

Il paradosso fondamentale, ovvero l'addio primordiale

L’intento di questi interventi è di provare a descrivere le varie figure di addio, intendendo questo termine nella sua accezione più ampia. Tuttavia,si scrive veramente solo di ciò che si ignora. La necessità della scrittura risiede nel suo valore di esplorazione. Quindi questo blog deve essere considerato una bozza. Solo l’esperienza o la memoria possono dare al lettore la conferma di ciò che leggerà qui.
La prima figura riguarda quell’addio del tutto particolare che in ogni istante proferiamo nei confronti della vita. Lo chiamo: la nostalgia del presente. Siamo abituati a immaginare la nostalgia come un sentimento che riguarda il passato, ma non il presente, tantomeno il futuro. E invece, la nostalgia esprime veramente il suo senso solo se riferita a ciò che non c’è ancora, più che a ciò che è stato e adesso non c’è più. In greco, nòstos voleva dire ritorno. Ed è in questo luogo che la nostalgia radica il suo senso: nel desiderio di tornare dove c’è qualcuno che ci ama e ci aspetta, o in una terra che ci ha visto nascere, sotto un cielo che conosce il nostro primo amore, i nostri morti, i nostri anni. È un desiderio del ritorno mosso dal dolore (dolore in greco si diceva algos, da cui appunto, viene nost-algia, letteralmente dolore del ritorno).
L’uomo è, prima di ogni altra cosa, potenza infinita dell’immaginazione e del desiderio. Vuole infinitamente. E potenzialmente ha in ogni istante della sua vita la possibilità di percorrere una strada e non un’altra; infiniti rami si snodano dal punto in cui si trova.
La nostalgia del presente consiste in questo: l’appartenere alla nostra vita, e non a tutte le altre. L'essere solo questo che siamo, e non il resto. E’ la nostalgia di ognuno di quegli “io” cui ho detto addio.
Il presente diventa la nostalgia del futuro: ma che paradosso!

Nella ruminante folla stradale, nell'incessante lavorìo della storia e del genere umano, tra le persone che si affrettano avanti e indietro da un marciapiede all'altro, c'è un individuo immobile che sembra fissare qualcosa nel vuoto. Ha le labbra umide e socchiuse, le palpebre vibrano un poco, impercettibilmente, e ha uno sguardo selvaggio, come una fiera cui sfugge una preda carnosa. (Sì, proprio questo è l'uomo: una fiera cui sfugge continuamente la sua preda). Febbricitante, l'uomo pronuncia il suo addio.

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