lunedì 3 settembre 2012

venerdì 1 ottobre 2010

L'orrore e la bellezza, Forteleza



L'orrore è la disattenzione. La superficialità. Sorriso assurdo di chi non se ne accorge. Prendo un taxi, e sento la pagina scricchiolare. Di nuovo è già finito un capitolo? Perchè a volte è faticoso vivere? Quando arrivai a Benfica, me lo avevano descritto come il quartiere Bohemien di Fortaleza. Era la zona universitaria, un pò isolata; ma mi aveva ricordato l'umanità, lontana da quella speculazione edilizia che stanno perpetuando sulla Beiramar, il lungomare, distrutto dagli Hotel e da grattacieli di 20 piani con miniappartamenti per 2 o 3 persone massimo. Ma dove ci si incontra quando si vive così? Nell'ascensore si parlerà forse? Ci si guarderà davvero? O noterò solo le tue scarpe? La bellezza è ciò che non ha misura, non ha regole, il motore immobile che anima il tuo mondo; è amore. La bellezza è la responsabilità più grande..ciò che lasci in me di te, e ciò che io lascio in te, di mio.
L'orrore: quando tornando a casa, quella nuova qui ad Iracema, ho guardato in alto verso il cielo, e c'era una parete di cemento che accompagnava il mio sguardo. Troppo piccola ti senti per combattare quest'orrore, e tutti gli altri.
Ma la bellezza ti rincorre e ti cerca negli anfratti della solitudine se la sai riconoscere. Mi ha trovata attraverso le persone con cui ho condiviso questi primi due mesi, che sembrano due anni. E in quello che mi hanno lasciato: semi, che già crescono dentro di me, e mi alimentano. L'orrore, è la banalità del male, del dolore, dell'ingistizia; il crack, i bambini per strada, la povertà e l'arroganza. E la bellezza, che vive negli occhi. La vita, le persone che si toccano. Il movimento.

domenica 12 settembre 2010

Sabiaguaba




sabato 11 settembre 2010

Ao redor do mundo.....



“Lei era una bambina che qualunque collina avrebbe voluto avere come sole. Da tempo immemorabile era bella. E più che una bambina era una stella. Più che una stella era qualunque cosa. Più di qualunque cosa era amorosa, più di qualunque amore decorosa: di tutto l’universo era la sposa.”


Partire è faticoso. Se ami profondamente ogni persona che fa parte della tua vita; se ti sei nutrito dei loro sorrisi; se hai condiviso con loro tanta tua anima che in certi istanti finisci per non trovartela più dentro, non puoi pensare di andar via senza dolore.

Ho lasciato il tiepido sole italiano per l’afoso Nord-est brasiliano da più di un mese. L’estate napoletana è il ricordo di una fresca primavera, ora che vivo in questa regione caldissima e luminosissima. Il Cearà è chiamato Terra da luz. E mi sveglia ogni mattino il vento caldo del sertão; mi cerca, tra le lenzuola, la luce, di una potenza rara; e delicatamente, con la lentezza delle terre così calde, iniziano le mie giornate. Così strana è la luce di qui, che in autobus, mentre tornavo da Bahia, mi sono accorta che stavamo entrando nel Cearà guardando come era cambiato il cielo. L’orizzonte si è aperto, è scomparsa la vegetazione ricca e lussureggiante, lo sguardo poteva perdersi lontanissimo; il tempo si è, forse, dilatato. La Sicilia tanti anni fa doveva assomigliare a questa terra; gli asini, che a volte ti guardano mentre tu dal finestrino li osservi ruminare; le persone che abitano i villaggi dell’interno, meravigliose, calde come il loro sole; le fisarmoniche che suonano musiche tradizionali; la povertà.

Così, lentamente, mi sono trovata in questa terra lontana.

I nodi della rete della mia vita precedente reggono ancora benissimo i ricordi, che adesso pesano un po’ di meno. Ho trovato uno spazio per tutti; brillano di notte, come le stelle di un firmamento che mi guida, più della cartina del Sud America che ho appeso in camera. Strano come li stia masticando anch’io, come fossi un asino. Così si trasformano anche loro in qualcosa di brasiliano, sono vivi in questa nuova vita, respirano in ogni stimolo che raccoglie la mia attenzione, in ogni legame nuovo che costruisco e in ogni scorcio che catturo con i miei occhi sempre troppo curiosi.


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Così la sensazione di essere persa nel mondo è lentamente svanita, mitigata dal calore di questa terra e degli occhi dei passanti che incontro per strada, dall’energia dei 10 studenti erasmus con cui vivo, e dal tempo che mi ha insegnato a chiamare questo luogo casa.

La nostalgia è diventata forza, la strada si è fatta cammino, i capelli…più lunghi e spezzati dall’acqua di mare, la pelle più abbronzata, il respiro più profondo.

Vado sempre in giro con una piccola bussola, perchè orienta il mio cuore.

E più che una bambina, mi sento una stella.